giovedì 6 agosto 2009
Under The Auspices of HIRH Princess Kathrin von Hohenstaufen d'Anjou Plantagenet President Green Princes Ring
Da: Teatro Rebis
A: "Undisclosed-Recipient:;"@smtp-out08.email.it Cc:
Oggetto: INVITO - "DI UNA SPECIE CATTIVA" - Ars Amando 09 Ricevuto il: 06/08/09 17:40
Il Teatro Rebis
è lieto di invitarvi
venerdì 4 settembre h 24.00
Comune di Amandola | Amat|Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno
Provincia di Fermo| Comunità Montana dei Sibillini
Regione Marche | Ministero per i Beni e le Attività Culturali
ars amando 09
amandola festival delle arti sceniche
amandola 4 e 5 settembre
[no–stop dalle 19 alle 24, ingresso gratuito]
Dieci appuntamenti ad ingresso gratuito espressione delle esperienze più significative maturate nel panorama teatrale italiano, coreografico internazionale e nel territorio locale; diversi e suggestivi spazi della città accolgono gli spettacoli all’insegna della commistione di danza e teatro.
VENERDÌ 4 SETTEMBRE
h 24 Sala La Collegiata
TEATRO REBIS
DI UNA SPECIE CATTIVA - studio#3
Con Silvia Sassetti
Drammaturgia: Eleonora Sarti
Musiche: Paolo Marzocchi
Sonorizzazione: Stefano Sasso
Tecnico luci: Stefano Giaroni
Tecnico audio: Andrea Lambertucci
Scenotecnica: Nicola Bruschi
Coordinamento coreografico: Yumiko Yoshioka
Costumi: Massimo Eleonori
Assistenti di scena: Meri Bracalente, Lorenzo Pennacchietti
Foto e grafica: Marco Di Cosmo
Organizzazione: Silvia Castellani
Regia: Andrea Fazzini
(durata: 30 min. circa)
“di una specie cattiva” è un poema lirico per movimenti lunari e voce ricomposta, ispirato all’universo poetico di Sylvia Plath, e soprattutto al rapporto “squilibrato”, ferocemente sincero che la poetessa americana “sopportava” con la propria vita, e più in particolare con la propria maternità.
Maternità agognata, rifiutata, maternità disperata, maternità prematurata, maternità maledetta.
Ma il riferimento all’universo umano e simbolico della Plath reppresenta anche un transfert artistico ideale per un’indagine sulle dinamiche dell’ispirazione, sulle torture dell’ambizione, sulla complessa inafferrabilità del linguaggio velato, della comunicazione sottile.
Spostare l’obbiettivo dalla falsa ovvietà della “santa madre” legata da amore incondizionato ai propri figli, alla difficile relazione che una donna si sforza di interpretare, di risolvere, di “contrattare” con il proprio corpo in trasformazione, con la propria vita in dipendenza.
A livello formale, la lavorazione della messinscena prevede la composizione di una chimica scenica capace di travasare i campi semantici coinvolti uno nell’altro: il campo della recitazione teatrale, quello dell’atto performativo (unico e irripetibile), quello della “pitturazione” scenica, quello dell’anamorfosi sonora.
Attraverso la quadrofonia del tessuto sonoro, l’oscillazione tra partecipazione emotiva e freddezza esecutiva dell’attrice, attraverso l’evidenza della citazione pittorica venata dall’evanescenza della carezza luminosa – “di una specie cattiva” si pone al limite tra un richiamo letterario e una confessione pubblica, tra una lontananza fantasmatica dovuta al testo registrato ed un’aderenza all’atomizzazione dell’azione, spinta all’estremo da un corpo scenico che tenta senza soluzione di continuità – senza scampo – di sparire.
Soffermarsi sulle sonorità della vergogna, sui silenzi della rabbia, sulle lontanze della parola – tracciare un percorso in fragile dissoluzione di movimenti colti nel loro tremore interno.
Questi sono i punti di partenza per indagare liricamente, con un linguaggio d’astrazione, “sfigurativo”, le implicazioni di una vita segnata dalla poesia e dalla lotta per proteggerne il respiro e la dignità.
Maternità suicidata.
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